lunedì 24 ottobre 2016

LA SCIENZA DEL COLORE

Come già accennato in precedenza, lo studio del colore era affidato inizialmente a quella che veniva chiamata "Alchimia", una vera e propria scienza all'epoca, main seguito questo studio prese strade diverse, una più umanistica e filosofica, l'altra più fisica e sperimentale. Le teorie dell'ottica nascono già ai tempi di Pitagora ed Euclide, ma si trattava per lo più di ottica geometrica e considerazioni su come l'occhio riconoscesse le tonalità di colore emesse dagli oggetti; Kepler, intorno al 1600, raccolse i lavori dei suoi predecessori e le proprie elaborazioni, fino a teorizzare quella che è l'ottica geometrica moderna. Newton, Young, Einstein e Maxwell furono le grandi menti che elaborarono le
Johann Wolfgang Goethe
principali teorie che sono alla base dell'attuale ottica, dalla rifrazione della luce attraverso un prima al riconoscimento della doppia natura, ondulatoria e crepuscolare, della luce. Da questo punto di vista, dunque, la scienza ha raccolto le proprie teorie in una linea comune, che smentisce e ne rifiuta altre, poiché l'oggettività dei dati non consente di metterne in discussione la validità senza evidenti prove.

Per quanto riguarda il lato umanistico, invece, le interpretazioni della luce e del colore hanno assunto infinite prospettive, l'una diversa dall'altra, ma al contempo tutte estremamente valide: basti pensare alle teorie sul colore di Wittgenstein, Itten, Goethe, esponenti filosofici, scienziati e designer vissuti nella stessa epoca, a cavallo tra la fine del 1800 e il 1900.

Giusto per farne un esempio, Wittgenstein, ingegnere e filosofo nato nel 1889, affrontò la teoria del colore inizialmente dal punto di vista fisico, avendo compiuto studi di ottica a Manchester, da giovane; in futuro, però, si renderà conto che non sono sufficienti le considerazioni prettamente fisiche per spiegare la vera essenza della luce che colpisce gli oggetti e ne restituisce stimoli visivi. Alla fine del suo percorso, con il libro "Osservazioni sui Colori", esporrà l'interpretazione finale del suo studio sul colore, di cui riportiamo un passo fondamentale :

«Sono sempre in grado di riprodurre qualunque colore io veda. Indico i quattro colori primari (rosso, giallo, blu e verde) e aggiungo in qual modo si possa ottenere da essi quel determinato colore. […] Ogni asserzione sui colori può essere rappresentata mediante alcuni simboli. Se diciamo che sono sufficienti quattro colori primari, allora chiamo questi simboli paritetici elementi della rappresentazione. Gli oggetti sono questi elementi. Non ha senso domandare se gli oggetti siano alcunché di simile ad una cosa […] Parliamo semplicemente di oggetti laddove abbiamo elementi paritetici della rappresentazione»


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